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Piacere, sono tuo Padre


Ho conosciuto Dio nella mia stanzetta. Ma era davvero una stanzetta rispetto ai tre piani di casa in cui vivevo.

Mi ero sistemato in quella stanza perché mi ero isolato da una vita che volevo cambiare, ricostruire, ridefinire. In una condizione così ristretta e volontaria che una notte sentii pronunciare il mio nome. Era talmente chiaro ma allo stesso tempo poderoso che balzai letteralmente sul letto e dissi: Dio dimmi.

Ero spaventato, avevo un timore addosso per aver sentito così tanta maestosità che non riuscivo a crederci che era stato pronunciato il mio nome. Non conoscevo, allora come adesso la Bibbia e tanti aspetti che si celavano dietro quella chiamata.

Ho letto la Bibbia per sette anni, ogni giorno, con un piano di lettura di Robert Roberts che prevede, appunto ogni giorno, per 365 giorni un capitolo dell’antico testamento, dei capitoli intermedi che si alternano tra salmi, proverbi e profeti maggiori o minori per finire con un capitolo del nuovo testamento.

Naturalmente sono consapevole che quello che sto dicendo è poco chiaro ma è stato proprio quello che non conoscevo che mi ha spinto a voler capire molto di più. Conoscere soprattutto Colui che ha avuto così tanta passione nel chiamarmi.

Da allora ho scoperto che ha pronunziato il mio nome perché tutto, dal principio, ha avuto a che fare con la parola. Anche Giovanni nel suo vangelo inizia col dire che nel principio era la parola e la parola era Dio. Ho capito perché ero così intimorito da quella pronunzia, perché la Sua voce è proprio come quella di una cascata che fa sentire tutta la sua potenza d’acqua che si abbatte sulle rocce. Ho capito che non sono stato il solo a balzare sul letto dopo aver sentito il mio nome ma anche Samuele fece lo stesso.

Solo dopo le cose sono chiare eppure io ci ho messo sette anni per leggere e scavare nelle Sue parole rispetto ad un Paolo a cui sono bastati solo 3 anni. Certo Paolo, l’apostolo, era comunque più avanti di me nella conoscenza e così già pronto per affrontare la vita.

Quella chiamata comunque ha da allora condizionato la mia vita ma non limitandomi ma facendomi sentire sempre sul chi va là, nel sentirmi sempre pronto per agire. Per chi mi conoscesce assocerebbe la mia preparazione militare a questo tipo di cosa ma nella vita normale è come se da figlio aspetti dietro la porta l’arrivo di tuo padre che ti ha chiamato al telefono e ti ha detto di tenerti pronto perché stava per arrivare. Spero abbia trasmesso bene il senso.

Non nascondo che molto spesso mi sono arrabbiato con Lui e a volte ancora mi ci arrabbio. Ma che dici!? Sì perché come un figlio irrequieto vorrei andare, lottare, far cambiare, sovvertire le cose nella vita delle persone, aiutare, stravolgere ma proprio questo mi ha fatto capire: io voglio combattere per la causa ma solo Lui la conosce. Così quel mio senso di irrequietezza si calma e capisco e mi rifaccio alle Sue parole, che il momento viene, che lo capirò.

Così è sempre stato, così mi ha sempre diretto, così mi ha insegnato. Un padre insegna al figlio qualcosa in un tempo in cui il figlio non è in grado di capire, in cui al figlio non interessa niente se non i propri interessi ma quel padre sa che un giorno quel figlio avrà memoria di ricordare le parole di suo padre. Un ricordo che riemerge proprio quando non senti più tuo padre, quando non c’è più o quando rimane in silenzio e a te viene in mente già la risposta. Un padre che sembra non esserci ma che è presente più di quanto tu non l’abbia mai considerato.

Com’è difficile essere padre, com’è difficile essere genitore, com’è difficile accettare l’atteggiamento dei figli essendolo stati anche noi ma senza poter o voler ricordare quanto realmente ci rispecchiano. Solo quella voce che ha messo in me timore mi ha fatto rendere conto di come essere figlio e di come seguire una giusta indicazione per non sbagliare la via.

Un padre terreno ce l’hai avuto però!

Un padre terreno ce l’ho avuto e ce l’ho avuto anche in modo onorevole di essere chiamato padre. Anche se oggi io volessi vedere i suoi difetti, vedrei i miei difetti di padre.

Ho conosciuto Dio qualche anno dopo aver perso mio padre terreno. Prima avevo avuto a che fare con la chiesa cattolica, con i carismatici, suonavo in chiesa, ho avuto a che fare con suore e conventi ma mai niente realmente mi ha mai parlato di Dio. Ho avuto a che fare con la chiesa evangelica e mi ci sono identificato perché non è rivestita di “immagini” ma di sostanziale Bibbia. Cosa mi ha reso consapevole? Certamente la mia chiamata, la mia curiosità di scoprire, sicuramente anche il dolore di aver perso un padre e poter scoprire la paternità vera di questa parola. L’ho potuto fare solo attraverso la mia, solo mia, vera conoscenza e curiosità.

Oggi posso dire che non siamo in grado di sostenere un cammino continuo perché ci stanchiamo, ci affanniamo, abbiamo bisogno di fermarci, di riposarci per poi poterci ri-incamminare.

C’è un tempo di movimento ed un tempo di riposo. Un tempo per correre e un tempo per andare piano e c’è un tempo per qualsiasi altra cosa. In Ecclesiaste c’è un bel elenco che descrive il giusto tempo delle vicende della propria vita, vai a leggerlo.

Dio, il Signore ha inviato il suo unico figlio e proprio suo figlio, Jeshua, ha detto che quello che ha fatto o detto è solo una parte di quello che ancora potevamo fare, scoprire e dire dopo la sua ascesa al cielo. Sai perché? Perché avremmo avuto la possibilità di camminare con lo Spirito Santo. Sai come? Riconoscendo di essere figli attraverso il figlio. Riconoscendo Gesù e la sua opera per noi, di Salvezza. Sì proprio Lui ci ha portato un esempio: come ho camminato io “umanamente”, ascoltando la voce di mio padre attraverso lo Spirito Santo così oggi tu, umanamente, puoi camminare ascoltando la voce dello Spirito Santo.

Da quella chiamata la mia vita è cambiata totalmente e per quanto non se ne voglia credere c’è stato un miracolo dietro l’altro. Essere ripagato dalla fedeltà è questo che mi viene facile da dire. Aver raddrizzato il mio fare trovandomi chiara la strada avanti a me. Una correzione dietro l’altra che ha sistemato ogni cosa. Lui ha iniziato così nella mia vita, con una pronuncia, una chiamata ed io ci ho messo la volontà di scartare ciò che non era più buono, Dio ha poi fatto scorrere tutto liscio come l’olio.

L’uomo è sempre work in progress, Dio è sempre conoscitore della causa e questo mix di lavorazione e modellamento portano sempre ad un giusto risultato.

Se ogni uomo scoprisse di essere un ottimo ingrediente, lavorato con e da Dio, per mescolarsi a tanti altri ottimi ingredienti, il mondo sarebbe una ricetta buona e ben riuscita. Se pensi che il mondo non può diventarlo è perché non credi che puoi ogni cosa in colui che ti fortifica, cioè Dio (Filippesi 4:13), devi solo scegliere.

Quale è il senso di conoscere a fondo il proprio padre?

In conclusione il senso di conoscere il proprio padre terreno è sapere dove e come è diretta la tua vita. Umanamente siamo molto orientati a giudizi e a tirare subito a delle conclusioni. Capita anche che molti nonni sorridono dei propri nipoti perché notano come a loro vengono trasmessi gli stessi valori che precedentemente sono stati trasmessi ai propri figli. Dunque cercare di essere ottimi padri equivale ad essere esempio per le generazioni future.

Quello che io ho potuto apprendere da Dio padre è proprio questo, poter cambiare anche degli errori generazionali per cambiare il futuro della mia discendenza e quello che mi aspetto non è essere visto come il magnifico padre ma poter vedere, in futuro, che il mio trasmettere una giusta direzione in Cristo possa arrivare ai miei nipoti e rivedermi in loro in modo migliore rispetto a quello che sono riuscito a fare io.

La Parola ne è piena di esempi di discendenza e possibilità di migliorarsi e cambiare, da Abramo a Cristo.

Dio ha proprio dato il suo unico figlio affinché tutti quelli rinati in Lui fossero un ottimo esempio di generazione in generazione.

Il buon padre è quel sacrificio nell’attendere il buon esito delle vicende nella vita della propria discendenza.




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